Simone Moro e la spedizione invernale al Manaslu

Simone Moro e la spedizione invernale al Manaslu

Un quinto tentativo di successo ma con l’amaro in bocca. Almeno per noi.

Alla fine del 2022, Simone Moro è partito dall’Italia per tentare la prima salita invernale del Manaslu (8163 m) insieme ad Alex Txikon e un team di alpinisti nepalesi. Per Simone il quinto tentativo in invernale su questa montagna.

Questa salita invernale della montagna sarebbe stata la quinta salita invernale di Simone su una vetta di 8000 metri.

Ricordiamo le altre quattro: Shisha Pangma (8027 m), Makalu (8463 m) e Gasherbrum II (8035 m), Nanga Parbat (8126 m). 

La prima salita invernale del Manaslu è stata effettuata il 12 gennaio 1984 dai polacchi Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski, così come la concatenazione della salita in successione delle due cime del massiccio del Manaslu: il Pinnacolo Est di 7992 metri e la cima principale di 8163 metri. Quest’ultima salita è stata effettuata anche da due grandissimi alpinisti polacchi, Jerzy Kukuczka e Artur Hajzer, il 10 novembre 1986.

Il penultimo tentativo di Simone di salire il Manaslu in inverno risale all’anno scorso, 2021, con Alex Txicon, con il quale Simone ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat insieme ad Alì Sadpara, che ha perso la vita durante la spedizione invernale sul K2 nel 2020.

I primi quattro tentativi del 2015, 2018, 2020 e 2021 sono falliti a causa della quantità di neve caduta in pochi giorni che ha reso impossibile la salita. 

Questa è stata la sua 72ª spedizione, di cui 22 nella stagione fredda. Prima di partire, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva dichiarato:

“Con lucidità devo riconoscere che nei precedenti quattro tentativi, tre mesi per ciascuno, quindi un anno della mia vita, sono riuscito ad arrivare solo a 6.200 metri, un percorso che di solito completo in tre ore”. Il Manaslu è considerato uno dei più facili nella stagione propizia, il che spiega bene quanto sia sconvolgente se si va in inverno”.

In questa quinta volta invece le condizioni meteorologiche erano propizie ma non è bastato:

Simone ha dovuto rinunciare a causa di un malessere fisico (dissenteria) che gli ha tolto le forze e l’ha costretto a prendere la decisione di rinunciare alla salita e a invitare il resto del team a continuare senza di lui.

Ciò che per Simone è stato rinuncia e quindi fallimento nel raggiungimento dell’obiettivo, per Alex Txikon, Chhepal Sherpa, Tenjen Lama Sherpa, Pasang Nurbu Sherpa, Mingtemba Sherpa, Pemba Tasi Sherpa e Gyalu Sherpa è stato successo pieno con una vetta conquistata dopo 39 anni dalla prima salita.

Noi di Sports&Beyond facciamo i complimenti a tutti, per il successo al team che è arrivato in vetta e a Simone per la lucidità di prendere una decisione tanto difficile.

Se volete leggere le riflessioni del dietro le quinte di Marianna Zanatta potete leggere l’articolo Simone Moro e il Manaslu – Quando non è solo una questione di resilienza, di successo e di fallimento.


Trovate Simone Moro su

IG: www.instagram.com/iamsimonemoro

FB: https://www.facebook.com/SimoneMoroOfficial/

www.simonemoro.com

Per speech motivazionali e altri progetti

Contattate

Marianna Zanatta 
marianna@mariannazanatta.com 
+39 340 6249031 

Che cosa significa essere un brand?

Che cosa significa essere un brand?

  1. L’Atleta e l’Azienda: un terzo brand al quadrato
  2. Che cos’è il brand?
  3. Che cos’è il brand di un atleta?
  4. Perchè tutto questo riguarda le aziende?
  5. Che cosa manca?

L’Atleta e l’Azienda: un terzo brand al quadrato

Molti atleti non hanno chiaro che in quanto atleti sono un brand. Molti sono confusi al riguardo. Molti pensano sia affare di pochi, di quelli veramente famosi.

In generale, tutti noi pensiamo che il brand sia legato solo alle grandi aziende il cui logo e i cui prodotti sono immediatamente riconoscibili, ma in realtà anche gli individui possono avere un brand!

Perchè è invece importante che ogni atleta si senta, indifferentemente dalla disciplina, dall’età, dal livello e dalla notorietà di essere brand? Che cosa significa essere brand?

Che cos’è il brand?

La Treccani dice:

‹brä′nd› s. ingl. (propr. «marca, marchio»; pl. brands ‹brä′nds›), usato in ital. al masch. – Nel linguaggio della pubblicità e del marketing aziendale, marchio di fabbrica.

Il marchio 1. è un segno applicato, stampato, impresso ecc. su cose o animali per distinguerli da altri o per indicarne le caratteristiche, la provenienza ecc., e in senso concreto è anche lo strumento per imprimere questo segno (segnare le bestie con un m. a fuoco; contraddistinguere le merci con un m.); 2. in particolare, il marchio è il simbolo o il nome che contraddistingue una merce, un prodotto da un altro, e in questo significato è sinonimo di marca, brand (i grandi marchi della moda, dell’arredamento, del design; un importante m. made in Italy). 

ll Brand è la combinazione di elementi (quali nome, slogan, logo, comunicazione, storia e reputazione) che funzionano come segno distintivo e identificativo di un’impresa (e non solo). La marca (o brand) racchiude in sé immagine, valori, significato, ecc. che lo differenziano dai competitor, determinando il rapporto con il pubblico di riferimento.

Secondo Philip Kotler e Gary Armstrong nel loro Principi di Marketing, il significato di brand è «tutto ciò che un prodotto o servizio rappresenta per i consumatori», come affermano , aggiungendo che questa è «la risorsa più durevole dell’impresa, che vive più a lungo dei singoli prodotti e delle strutture».

Il brand è un bene intangibile e, come sostengono Kotler e Armstrong è l’insieme di «percezioni e sensazioni dei consumatori rispetto a un prodotto e alle sue prestazioni». Da qui possiamo già facilmente intuire che tutti siamo intitolati a considerarci un brand.

Però, non tutti siamo obbligati a farlo. Perchè un atleta invece sì?

Perchè se non lo è già perchè ancora agli inizi di carriera, in qualità di atleta professionista sarà presto un personaggio pubblico e tutto ciò che lo riguarda e sarà a disposizione di un audience definirà chi è, il significato e i valori di chi è, definirà la sua immagine. E stabilirà la connessione con il suo audience, i suoi fan.

Questa connessione, che è emotiva, può essere positiva o negativa e può anche significare che ci fidiamo, ci interessiamo o addirittura lo amiamo!

Che cos’è il brand di un atleta?

È la comunicazione della sua unicità: le sue attività sportive, il suo curriculum sportivo, il suo palmarès, le sue performance, la sua storia, il suo stile, i suoi interessi e le sue convinzioni, i suoi comportamenti e i suoi valori!

Perché è importante che un atleta conosca e gestisca il proprio brand?

Sia che si stia allenando con i compagni di squadra, che stia competendo a una gara, che stia tenendo uno speech sul palcoscenico, stia rilasciando un’intervista a un giornalista, che sia a colloquio con un’azienda potenziale sponsor, sta facendo un’impressione: sta comunicando il suo brand.

Alcuni atleti sognano di diventare famosi o di vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, altri sognano solo di fare un bel percorso in uno sport senza gare. Conoscendo il suo brand e facendo l’impressione che desidero, si accorgerà di essere in grado di ottenere le opportunità che cerca e di avere un percorso più agevole e soddisfacente nello sport e nella vita!

Perchè tutto questo riguarda le aziende?

I brand ben disegnati (= ben definiti e aderenti all’identità unica, allo stile, ai bisogni, ai desideri, agli obiettivi) possono avere un impatto emotivo su di noi consumatori e contribuire a creare una sorta di relazione tra noi e il brand (e i prodotti o l’azienda a cui è associato).

L’atleta in qualità di brand con una sua identità unica, un suo proprio significato, dei valori e un link emozionale con i suoi fan, può essere un perfetto rappresentante (= testimonial) di un altro brand e rafforzare quel link emozionale di cui abbiamo appena parlato.

Potremmo in qualche modo dire che l’abbinamento di 1 brand + 1 altro brand non fa 2 brand ma un terzo “brand al quadrato”, molto potente e parte vitale di un piano di marketing e comunicazione integrato e di valore per tutti i tipi di aziende, organizzazioni, enti di beneficenza.

Che cosa manca?

Se abbiamo già fatto un passo avanti e compreso che siamo un brand, ciò che manca è capire che cosa va fatto per disegnare quel brand in modo che venga percepito esattamente come desideriamo.

Per gli atleti junior ed emergenti, costruire un brand personale solido è il primo passo per creare una carriera lunga e di successo.

È uno degli strumenti più potenti per accedere al mercato di riferimento. Determina il modo in cui i fan, gli sponsor e il mondo dello sport professionistico percepiscono l’atleta e come lo ricordano e riconoscono.

Il branding dell’atleta è un’area complessa soprattutto perché la concorrenza nel settore del marketing sportivo è elevata. 

Per un atleta emergente può essere difficile distinguersi dalla massa. Inoltre, nella costruzione di un marchio personale e di una strategia di marketing solidi sono coinvolte numerose parti. 

Bisogna considerare tutti gli elementi, da quelli tangibili, come il logo, la scelta dei caratteri e il design, a quelli intangibili, come la promessa del brand (e nell’abbinamento azienda-testimonial di due) e la persona in costante evoluzione nella sua totalità – da atleta e da essere umano.

Le aziende che hanno la necessità di dedicare una fetta (più o meno grossa) allo sports marketing hanno una responsabilità nell’aiutare l’atleta a definire il proprio brand. Ovvio è una responsabilità con un ritorno e il ritorno che più ha senso per un’azienda a fine anno fiscale: il famoso ROI.

Oggi il marketing sportivo e il personal branding sono una partnership che deve essere promossa e preservata e per farlo bisogna mettere in campo molti elementi:

la solita visione di lungo termine, anzi di più ancora, deve assomigliare a un sogno, competenze tecniche, le famose hard skills, tanta esperienza sul campo e una strategia che non consideri solo lo sports marketing come attività integrata a tutte le altre di marketing e comunicazione ma che parta dall’investimento sull’atleta brand e lo affianchi nel suo percorso di crescita.

È per questa ragione che noi di Sports&Beyond abbiamo deciso di creare un format dedicato alle aziende sportive che desiderino aumentare il proprio ROI nello sports marketing partendo proprio dall’investimento nella risorsa umana chiamata atleta.

Author Marianna Zanatta


Ultimi articoli

Tamara Lunger annuncia il prossimo progetto alpinistico

Tamara Lunger annuncia il prossimo progetto alpinistico

La salita al K2, l’ultimo ottomila inviolato in inverno

Tamara Lunger annuncia il prossimo progetto alpinistico: La salita al K2, l’ultimo ottomila inviolato in inverno, insieme all’alpinista rumeno Alex Gavan

Nella spedizione al K2, Tamara Lunger sarebbe la prima donna ad arrivare in vetta di un ottomila in inverno
in una prima salita invernale.
 
21 dicembre 2020 – Tamara Lunger annuncia La meta della prossima spedizione invernale: la salita al K2, l’ultimo Ottomila sulla Terra rimasto inviolato in inverno, insieme all’alpinista rumeno Alex Gavan.

Nel 2014, all’età di 28 anni, Tamara fu la seconda donna italiana nella storia ad arrivare in vetta al K2 e senza ossigeno. Era luglio.

Il progetto alpinistico invernale di Tamara e Alex è davvero ambizioso e rimasto ad oggi ancora incompiuto: decine di scalatori e alpinisti migliori al mondo e di grande preparazione hanno tentato più volte l’impresa negli ultimi 30 anni, ma senza successo.

Per Tamara la salita al K2 significa non solo il tentare una spedizione mai riuscita, ossia risolvere il cosiddetto “ultimo problema Himalyano”, ma soprattutto soddisfare un desiderio personale che l’alpinista a cuore da tempo.

Inoltre, la sua presenza femminile stabilirebbe un nuovo record, ossia la prima donna a partecipare a una prima salita invernale di un Ottomila.

Tamara conobbe Alex nel 2014 durante la sua fase di acclimatamento per il K2 e la partenza per la salita del Broad Peek di Alex. Il prestito di una piccozza da parte di Tamara appena scesa dal K2, ad Alex che poi arrivò in vetta del Broad Peak con quella piccozza, è stato il simbolo dell’inizio di un bel rapporto professionale e di amicizia che li ha portati a decidere di sostenere questo primo vero progetto insieme.

La partenza è avvenuta ieri, domenica 20 dicembre, con un ritorno con data non definita, ma determinato esclusivamente dalle possibilità di salita, ossia rimanendo fino all’ultima opportunità di tentare e portare a termine l’impresa e sfruttando al massimo tutto il periodo invernale, anche fino al 20 marzo.

La scalata sarà senza ossigeno e sulla Via Abruzzi, la via che Tamara salì nel 2014, sarà anticipata da un periodo di acclimatamento e preparazione anche con altri alpinisti presenti al campo base col medesimo obiettivo.

“Per settimane ho pensato a questo progetto, tentando di capire se fosse la mia strada, il mio reale desiderio” racconta Tamara Lunger. “Ho riflettuto molto e poi ho chiamato Alex Gavan il quale mi ha subito detto che sapeva già il motivo della mia telefonata…ossia la proposta di salire al K2 in inverno. Sono rimasta colpita di questa immediata sintonia e così ho confermato la mia scelta. Il lockdown ha cambiato il mio modo di pensare e di agire. Sono cresciuta molto personalmente e ho compreso la potenza delle energie che ci sono in una persona, tra le persone, e che possono anche influenzare ciò che la circonda. Desidero affrontare questa spedizione in un modo molto fiducioso e tranquillo. Desidero anche coinvolgere la mia community che mi segue con molto affetto. Mi piacerebbe farla partecipare e coinvolgere più direttamente nella mia impresa, dando valore a una cordata virtuale e ringraziandola per la motivazione e il coraggio che mi danno.”.

I partner di Tamara che la supportano in questo spedizione: La Sportiva | Gore-Tex | Camp Cassin | Garmin | Leki | Primus Equipment | Exped | Intermatica | Advance Paragliders | Lyo Food | Charge 

Loghi partner Tamara Lunger


#tamaralunger #k2 #sportsandbeyond #sportsmarketing #winterwxpedition